La via al lager degli ebrei di Piacenza

Data:
1 Dicembre 1992

La via al lager degli ebrei di Piacenza

Istituto storico della Resistenza e dell’Etá contemporanea – Piacenza con il contributo dell’Assessorato alla PI del Comune di Piacenza, UO Diritto allo Studio – Laboratorio didattico, presso Archivio di Stato di Piacenza.

Nell’autunno del 1938 il regime fascista, sull’esempio della Germania hitleriana, emanò le leggi razziali.
Anche per gli ebrei italiani, privati dei più elementari diritti civili, iniziava la difficile prova delle persecuzioni all’interno del paese.
Le atrocità naziste che si stavano compiendo in altre regioni dell’Europa occupata possono far apparire poca cosa la cacciata dei bambini ebrei dalle scuole, l’espulsione degli adulti dall’insegnamento o il divieto dell’esercizio delle professioni: eppure queste interdizioni furono causa di profondi drammi umani e familiari.
Ma fu soprattutto l’occupazione militare tedesca, dopo I’8 settembre 1943, a determinare un brusco aggravamento nelle condizioni di vita degli ebrei nell’Italia centro-settentrionale.
Rastrellati su segnalazione delle autorità collaborazioniste della RSI, 6.746 ebrei vennero deportati dalla penisola verso l’orrore dei lager.
Non sfuggì a questo destino neppure la modesta comunità israelitica che da lungo tempo risiedeva nella città di Piacenza e in alcuni centri minori della provincia.
Un’intera famiglia di ebrei d’origine polacca, che si era stabilita a Carpaneto dal 1941 e della quale facevano parte due giovani figli, Susanna e Bob, venne trasferita nei campi di sterminio tedeschi. La stessa sorte toccò alla figlia maggiore dei Pesaro, industriali residenti a Castel San Giovanni, e a un commerciante di Piacenza, Enrico Richetti.
La loro vicenda è stata ricostruita attraverso le poche tracce documentarie che è possibile rinvenire negli archivi locali e attraverso il ricordo che di loro resta presso i familiari o in chi allora li ha conosciuti.

Ultimo aggiornamento

7 Febbraio 2025, 13:45