Frammenti di Paradiso: contributi
Indice
Sopra un commento dantesco di fine Trecento – 19 settembre 2015
(Vai alla pagina di presentazione dell’evento)
- Introduzione di Gian Paolo Bulla
- Ancora sul codice Appiani del commento butiano al paradiso di Fabrizio Franceschini (PDF 2572 Kb)
- Attualità di Dante – Relazione di Roberto Laurenzano
- L’Archivio Appiani d’Aragona di Piombino di Patrizia Anselmi
Introduzione di Gian Paolo Bulla
Le Giornate Europee furono istituite nel 1991 dal Consiglio d’Europa e dalla Commissione Europea per valorizzare e diffondere la conoscenza del patrimonio storico-culturale del nostro continente. Quest’anno cade anche una notevole ricorrenza, quella del 750° dalla nascita di Dante Alighieri, e riusciamo fortunatamente a riunire le due scadenze all’insegna della Commedia dantesca e della documentazione d’archivio. Infatti fra le carte Appiani d’Aragona di Piombino donate nel 2007 dal professor Agostino Borromeo si trovano due frammenti di un antico commento al Canto XXX del Paradiso, quello in cui a Dante appare l’immenso cerchio luminoso dell’Empireo.
A Milano si sta tenendo in Palazzo Reale la mostra Giotto, l’Italia. I curatori della mostra esplicitamente accostano Giotto a Dante in quanto essi sono in qualche modo gli unificatori di una realtà culturale ancora molto frammentata. E, a parte l’alto valore poetico e simbolico della sua produzione, la lingua di Dante è alla base della nostra parlata e della nostra identità. Quanto sia importante mantenere, pur nei limiti della indiscutibile globalizzazione sociale e culturale, un registro comunicativo nazionale e unitario lo dimostra anche il provvedimento assunto recentemente in Francia, Paese che con molto orgoglio difende il proprio status storico. Il governo francese ha annunciato, infatti, che dal 2016 sarà introdotto nelle scuole elementari l’obbligo di una “dictée” al giorno poiché ormai meno di un francese su due conosce la grammatica e padroneggia l’ortografia.
La giornata è promossa assieme a due importanti associazioni storiche locali. La Società Dante Alighieri, qui rappresentata dal presidente del Comitato di Piacenza Roberto Laurenzano, fu fondata nel 1889 per valorizzare la lingua e la cultura italiane; tra le altre funzioni ha quella di rilasciare le certificazioni Pidla che attestano la conoscenza della lingua italiana. La Deputazione di Storia per le Province Parmensi, come altre in giro per l’Italia, nacque nel 1860 per la promozione degli studi sulla storia degli stati parmensi precedenti l’Unità (Parma, Piacenza e Lunigiana). Oggi le sue sezioni sono quattro (Parma, Piacenza, Pontremoli, Terre Veleiati) e pubblica una rivista, l’Archivio Storico per le Province Parmensi. La Sezione piacentina è rappresentata dal suo presidente Carlo Emanuele Manfredi.
In occasione del 700° dantesco la Sezione piacentina della Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi organizzò un convegno il 2 dicembre 1965 e raccolse le relazioni nel volume XXXIII della Biblioteca Storica Piacentina dal titolo Piacenza a Dante. Alcune di queste, opera in particolare Emilio Nasalli Rocca e di Giacomo Manfredi, trattavano dei codici della Commedia conservati presso la Biblioteca Passerini Landi. Oggi parliamo ancora di commenti antichi alla Commedia grazie al ritrovamento di due frammenti attribuiti al pisano Francesco di Bartolo da Buti (1324 -1405). Nell’ordine presento i tre relatori di questa mattinata.
Fabrizio Franceschini. Ancora sul codice Appiani del commento butiano al Paradiso. Da ricercatore presso la Scuola Normale Superiore passò nel 1981 nei ruoli dell’Università di Pisa, dove ora è professore ordinario di Linguistica Italiana nel Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica. Si occupa di linguistica, storia della lingua italiana, filologia italiana, ma anche di dialettologia e letteratura popolare. Numerosissime le pubblicazioni fra cui nel 2009 un volume di Studi sulla «Commedia» e le antiche glosse. È stato responsabile scientifico di unità di ricerca nell’ambito del progetto “Edizioni e studi linguistici relativi alla tradizione della «Commedia» e agli antichi commenti”, finanziato tra i Programmi di Ricerca Scientifica di Rilevante Interesse Nazionale del 2005.
Massimo Baucia (Biblioteca Comunale di Piacenza), Testimoni danteschi nella Biblioteca Passerini Landi di Piacenza. Baucia è il conservatore del Fondo Antico della Biblioteca Comunale di Piacenza, quindi è l’esperto depositario del patrimonio di codici, manoscritti, incunaboli e materiali a stampa più preziosi dell’importante lascito conservato nell’ex Collegio dei Gesuiti in S. Pietro.
Patrizia Anselmi (Archivio di Stato di Piacenza), L’archivio Appiani d’Aragona di Piombino. Anselmi è la responsabile della Biblioteca dell’Archivio di Stato di Piacenza, una biblioteca molto consistente che conta 12.000 unità bibliografiche. Come archivista ha inventariato con cura il fondo Appiani d’Aragona di Piombino in cui si trovano, in qualità di coperte di un cartolare, i due frammenti.
IL CANTO XXX DEL PARADISO
Dante all’inizio, attraverso uno strano accostamento spazio-temporale, afferma che da dove spariranno le stelle (l’alba) al mezzodì ci stanno quasi 6.000 miglia. Nel Convivio egli sostiene, dal geografo turchestano del IX secolo Alfragano (al-Farghānī ), che la circonferenza della Terra è di 20.410 miglia (dice pure che il Sole “alla sensuale apparenza” è cinque volte e mezzo più grande della Terra) per cui la quarta parte (da est al mezzogiorno) è pari a 5.102 miglia. Dato che il miglio toscano equivale a 1.653 metri avremmo una circonferenza di 33.739 km anziché come effettivamente è di 40.009 km. In verità nel III secolo a.C. il greco Eratostene calcolò la circonferenza molto meglio avvicinandosi assai, con una misurazione pari km 39.400, al valore corretto.
Il canto si apre con una descrizione astronomica e geografica insieme, infine si chiude con una invettiva politica messa in bocca alla beata fra i beati, Beatrice. Dopo l’intricato passo fatto di albe e di stelle si fa avanti Beatrice la cui bellezza è tutt’uno col divino tanto che il poeta ne è sopraffatto. Nei versi 28-45 del primo frammento Beatrice si fa largo come un generale (duce) e annuncia l’essere entrati nell’Empireo, il più alto dei cieli, residenza di Dio, il cielo che sembra di primo acchito un fiume da cui fuoriescono, entro rive di fiori, faville. Dove tutto rifulge e dove tutte le bellezze naturali trovano la loro cagione. L’Empireo sta al disopra di tutti i cieli del sistema tolemaico, sopra il nono, l’ultimo, il Primo Mobile.
L’Empireo appare poi come un enorme disco luminoso e si distinguono le corti degli angeli e beati ad affollare la Gerusalemme celeste. Questi ultimi si specchiano nel disco e sono insediati su gradinate a scalare che assumono il disegno di una rosa (versi 108-117 del secondo frammento). Beatrice poi indica lo scanno libero che accoglierà Enrico VII di Lussemburgo chiamato a pacificare l’Italia nonostante il contrasto del francese Clemente V, il papa che nel 1312 trasferì il suo seggio in Francia e che sarà destinato a finire nel girone di Simon mago, dei simoniaci, assieme a Bonifacio VIII.
Attualità di Dante – Relazione di Roberto Laurenzano
Rivolgo un ringraziamento per la considerazione ricevuta, e un saluto ai Relatori, alle Autorità e a tutti i presenti a questo Convegno, finalizzato in particolare al ricordo del 750° anniversario della “nascita” di Dante, Poeta di “perenne ATTUALITA”, nonostante sia stato posto talora con una certa superficialità in una sorta di “polveroso solaio”.
Invero, sono ben ¾ di millennio trascorso da quando Dante è nato, eppure la sua figura, e la sua opera, specialmente la sua Opera Massima, quale la “Commedia”, continuano ad essere “ATTUALI”. Dico “continuano” : non dico ritornano”, ad essere in àuge. Continuano : perché la Commedia, nel suo profondo contenuto e significato non è mai scomparsa; ma continua a vivere con forza e vitalità eccellenti. PERCHÉ ? Il motivo è semplice :perché la COMMEDIA si ricollega direttamente alla sfera dell’ UOMO-come-tale, dell’UOMO in quanto “ESSERE” dotato di MATERIA (Corpo fisico) e di “SPIRITO”. E qui sta il punto “nodale”. DI SPIRITO. È la Verità semplice che accompagna da sempre l’UOMO, nel senso di “Essere-Umano”. La si chiami “anima”, o “spirito”, o “coscienza” (nel senso più elevato e profondo del termine), o “spiritualità”, o “sensibilità interiore”,il significato non muta. E tale aspetto “interiore” si traduce da sempre in una “tensione” verso un qualcosa che stia al di sopra di lui-essere-umano, un qualcosa di sovra-umano, di sopra-nnaturale : si tratta sempre della necessità “interiore” da parte dell’Uomo di trovare una ragione del proprio esistere, attraverso una costante “ricerca” e “riflessione” sul “PERCHÉ” di tale sua esistenza. Il che si traduce in una ricerca di un qualcosa di “esterno” a lui stesso, che egli cerca di “materializzare”, ma alla cui “materializzazione” non riesce a pervenire, nonostante ogni sforzo. È un qualcosa di “irraggiungibile” umanamente parlando ; di “eterno”, ove il senso di eterno” o di “infinito” sono un concetto che la Ragione Umana non riesce a “rendere fisicamente percepibile”. E che Dante cerca di rendere comprensibile, nei limiti del possibile a Mente Umana, attraverso il suo VIAGGIO, attraverso i realistici dialoghi, le proprie umane paure, le nostalgie da parte di personaggi che incontra man mano, i sentimenti che ne emergono, le “invettive” per bocca dei personaggi stessi o da parte direttamente sua, le proprie “stanchezze fisiche”, i propri “sonni” nel corso del cammino tra le rupi infernali o dello stesso Monte del Purgatorio, E CHE SONO LE STESSE ESPRESSIONI DELL’ UOMO DI SEMPRE (E DI OGGI); tutto in una “volontà” di META che il POETA intende raggiungere, con un’intensa partecipatività “spirituale”, di perfezionamento interiore, redimendosi ed espiando egli stesso (attraverso la discesa alla voragine Infernale e la Salita del Monte del Purgatorio) le proprie umane colpe : fino al raggiungimento della visione della Beatitudine, e addirittura della MISTICA “VISIONE-FLASH” di immane LUCE, impercettibile ad occhio umano : DIO. Di cui tenta di dare testimonianza fugacissima nello stupendo Canto “conclusivo” del Paradiso e della Commedia.
L’Uomo insomma da sempre “naturalmente”, “istintivamente”, si vòlge alla ricerca di ciò che lo trascenda. Lo cerca con riflessioni, con intime macerazioni. Con costanti “dubbi”. E attraverso esperienze positive o anche negative, gioiose o anche dolorose, di successo o anche di delusione. E attraverso tutto ciò, riesce a “trovare”, a “percepire”, a”intuire” ciò che lo trascende.
Non lo vede e non lo trova “materialmente” ; lo può ritrovare dietro il silenzio e la bellezza della Natura, o dietro la stessa realtà del Male, o dietro le difficoltà interpretative della stessa “Bibbia”, o dietro gli errori umani, o dietro le molteplici “Religiosità”. Tutto ciò testimonia che l’UOMO CERCA un “qualcosa” che l’umana terminologia porta usualmente a denominare “DIO”: e a lui tende. Anche quando non ne è consapevole, o “non vuole” esserne consapevole.
Ebbene DANTE E’ STATO ALLA RICERCA DI DIO. LO HA CERCATO. LO HA TROVATO. Lo ha cercato negli anni dell’esilio, lo ha cercato negli anni di protezione presso famiglie ospitanti dopo la sua cacciata politica da Firenze, lo ha cercato attraverso l’amore beatificante verso la creatura-Beatrice, vista come un raggio-solare e non meramente come mero motivo passionale ; lo ha cercato e testimoniato attraverso la Commedia in cui tutta la sua vita di ricerca spirituale e di auto-purificazione interiore è sfociata.
Qui, in fondo sta il senso di tutta la “Commedia” : nell’affermazione che l’UOMO-DANTE, ammesso nel Paradiso fino al cospetto di Dio, cerca di indicare (dopo se stesso) all’Umanità attraverso la Poesia della sua massima Opera, la Via della Redenzione e della piena realizzazione dell’Uomo, quale espressione massima dello Spirito-Anima.
In questa ricerca, non ci aiutano né la SCIENZA, né la FILOSOFIA ; espressioni ottimali e superbe della Cultura e necessarie per la Cultura dell’Uomo. Ma non sufficienti in funzione di quanto Dante raggiunge.Tant’ è che vi sono validissimi scienziati non-credenti, e vi sono altrettanto validissimi scienziati credenti. Come mai ? PERCHE’ non è la scienza a determinare una FEDE, o a non determinarla. Altrimenti, tutti gli Scienziati sarebbero o non credenti, o tutti credenti. Si potrà studiare e conoscere l’Universo nel senso astronomico e cosmologico, ma non riuscire a “trovare” Dio necessariamente. Così come la Natura : la quale può, analogamente, cercar di svelare il mistero della vita ed essere “motivo” di ammirazione della Sua bellezza e Grandezza, come dicevo poc’anzi. Ma non per questo si potrà essere certi di avere con ciò necessariamente “scoperto” e “vista” l’esistenza di Dio. Altrimenti, essendo innegabile la bellezza e la grandezza della visione “della “ Natura” del “Creato” e della sua splendida “perfezione”, tutti dovrebbero essere “credenti”. Studi, ricerche, approfondimenti, riflessioni, scritti si sono susseguiti a migliaia dai secoli più lontani , ormai da millenni ; eppure, pur validissime le concezioni e le teoria or dell’uno or dell’altro esponente della Cultura e della Scienza, non si è tuttavia ancora e mai pervenuti ad una conclusione. Si giunge ad un punto, e ci si ferma. Non si riesce ad andare oltre.
ECCO PERTANTO L’ “ATTUALITA’” PERENNE del poema dantesco :
- non è di certo il contenuto avventuroso ;
- né l’incontro con personaggi storici o della cultura o della religione o della Chiesa, o della politica o della società di un tempo ;
- non è certo la visione e la curiosità di “fantasticare” coi “mostri più o meno di “Mitologia” che circolano nell’Inferno,
- né il gioco delle allegorie e della ricerca esegetica;
- né sono tutte queste cose insieme a rendere costantemente ed eternamente attuale l’opera di Dante.
L’ “ATTUALITÀ” è dettata soltanto dal fatto che l’UOMO-DANTE implicitamente con la sua opera oltre che toccare temi e problematiche che sono sempre stati e sono tutt’oggi di attualità (politica, società, umanità, male, bene, onestà, nepotismo, corruzione, e quant’altro, sotto l’aspetto strettamente della vita quotidiana fisico-materiale) tòcca e RIPRODUCE IL “CAMMINO” DELL’UOMO DI SEMPRE. E questa è una cosa che riguarda tutti i tempi, tutti gli uomini, tutta l’esistenza fisica e spirituale, tutta l’essenza dell’individuo umano, la Persona. In altre parole, riguarda la vita di SEMPRE : di ogni giorno, di ogni tempo, di ogni secolo, di ogni Essere Umano, di ogni Essere Vivente.
Insomma, Dante, al di là del fatto di essere il poeta della civiltà Comunale del suo tempo e di parlare di figure e di personaggi del suo tempo, e di essere colui che ha posto le fondamenta della nostra stessa Lingua italiana (per cui già sotto tale luce potrebbe assumere un significato personale di attualità perenne) , è il punto di riferimento preciso della nostra stessa identità COME “PERSONE”, COME “ESSERI UMANI” DOTATI DI CORPO E DI SPIRITO. E Dante, pur appartenendo storicamente al Medioevo, interpreta la REALTA’ DELL’UOMO sulla base di PRINCÌPI UNIVERSALI E DI VALORI INELIMINABILI, INESTIRPABILI dallo SPIRITO dell’Uomo, se esso-uomo intende essere formativo di sé e per gli altri.
Gli stessi personaggi della Commedia non sono posti lì a caso. Con ognuno vi è presente una ragione spiritualmente e culturalmente valida e determinante per lo Spirito e la Riflessione da parte dell’Uomo. Basta non limitarsi alla lettura dell’ aneddoto o dell’incontro come tale fra Dante e volta per volta col personaggio di turno. Gli incontri, i suoni, i meandri naturali infernali, le invettive, la dolcezza (pur nella fatica) della Salita del Monte del Purgatorio, la spettacolare cosmologia del Paradiso, e la rappresentazione dei Beati, tutto insomma è frutto non meramente di una inventiva poetica e di una capacità soltanto poeticamente eccelsa, MA DI UN “DISEGNO” BEN CHIARO NELL’ “ANIMO” DEL POETA, IN FUNZIONE DELLA SALVEZZA DELL’ UOMO, come avvenuto per lui. Ecco perché Dante è in auge da sempre. E la “Commedia” resta sempre “attuale”. Chiaramente, non va letta come un romanzo o un libro, benché gradevole pur essendo fonte di vari aspetti dolorosi. Una lettura in tal modo non può che far apparire anacronistico il racconto. La sua lettura, invece, se svolta con la dovuta accortezza e attenzione al significato di tutto quanto si va leggendo, e se si approfondisce il contenuto anche storicamente parlando, si rivela una vera “esperienza” di VITA INTERIORE, in certi casi anche forse sconvolgente ;un’esperienza in grado di trasmettere una lezione di universale spiritualità, e nel contempo di umanesimo (che peraltro, proprio nei nostri tempi, è assai poco avvertita, ma di cui si avverte invece la carenza).
Lèggere Dante e studiarne l’opera fa notare come in realtà il mondo di Dante non sia poi così lontano dal nostro Mondo attuale : non sul piano storico (la “Storia” cammina, si evolve, regredisce, progredisce, ecc.), ma proprio sul piano “Culturale dell’UOMO”, perchè i sentimenti e i Valori che il Poeta canta sono i sentimenti e i principi universali ed immutabili, passino pure centinaia e centinaia di anni. Ed il ritorno a Dante (ma, ripeto, di ritorno non deve parlarsi ; è improprio) è il sintomo dell’esigenza da parte nostra di riprendere contatto più che con le “radici” nostre culturali e storiche, con le NOSTRE “RADICI” UMANE E INTERIORI” .
Pertanto Dante non ha “tempo” : è un grande poeta del ‘200, ma noi attraverso la sua produzione letteraria e specificamente attraverso la “Commedia”, lo sentiamo sempre “presente”, quasi appartenesse al “nostro” mondo e tempo. La “Commedia” è insomma la sintesi, direi, di tutte le passioni umane, negative e positive, nefande ed esaltanti ; e attraverso i suoi personaggi sono “trasmesse” tutte le incertezze, le tragedie, i drammi, le sublimazioni, della “umanità” e della “spiritualità” dell’Uomo : dalle più tragiche (vedasi il conte Ugolino che “mangia” i propri figli ) fino alla più sublime espressione dello Spirito attraverso lo splendore di Beatrice ,e poi lavisione celeste della Vergine , fino infine alla percezione-flash della immensa Luce di Dio.
Con la sua Opera , Dante è la “voce” dei Valori che egli ha perseguito con tenacia : la Virtù, la Patria, Dio. Parole che oggi suonano sovente irrise o fatte oggetto di sorrisi di sufficienza. Ma ci si sbaglia. Perché la verità del contrario non è stata ancora dimostrata. L’Uomo invero è nato nonper “viver come bruto, ma per seguir virtute e canoscenza”:sono parole tremende messe con “voce direi urlante-di-autorevolezza-e-convinzione” verso i propri compagni di avventura, in bocca ad un Ulisse, geniale nella sua intelligenza e furbizia, ma colpevole di orgoglio smisurato nella sua avventura. E dove “VIRTUTE” è nel senso più fortemente “latino”, di “magnitudine dell’Uomo, di Valore Interiore” dell’Uomo, e non nel senso mero di “capacità di imprese di gloria storica”.
Dunque, con Dante e attraverso Dante l’Uomo può riuscire a nutrire una Fede e “Credere” ( ma non nel senso bigotto o idolàtra, o di superficialità e di paura), ma nel senso di elevazione verso un Mondo Superiore, che la Ragione nuda e cruda non può “materializzare”.
Insomma, con Dante l’UOMO davvero attua la sua piena e completa realtà di Uomo.
Ecco il “PERCHÉ” della “attualità” della Commedia : proprio perché esprime la Verità e la Realtà completa dell’UOMO QUALE EGLI È . Perché Dante con la Commedia ci pone innanzi al senso della colpa e del peccato (vedasi Inferno), ma ci mette sotto gli occhi anche il mezzo per la espiazione e la redenzione (vedasi Purgatorio) e per l’Illuminazione definitiva e completa e vittoriosa nell’Uomo (vedasi Paradiso e “Rosa dei Beati”) :e ci mette sott’occhi tutto ci,ò non certo con superficiale creduloneria, ma attraverso un Viaggio personale fisico, immaginato nell’Oltretomba, ma che è in verità un Viaggio spirituale VERO. e di interiore “CRESCITA” dello Spirito.E l’Uomo DANTESCO NON è UNA FIGURA IRREALE, IDEALE, UTOPISTICA : l’Uomo dantesco è una “REALTA’ VIVENTE”, e tale realismo viene da Dante presentato come una realtà vera ma sottratta alle cose contingenti, anche se non assente da una dinamica del divenire concreto e fenomenico.
E proprio in un periodo quale quello attuale, in cui l’Uomo, sotto determinati aspetti, vive distratto e superficiale, la Commedia si presenta proprio in tutta la sua “perenne” attualità. Lèggere la Commedia , “VIAGGIARE” con Dante, vuol dire leggere dentro noi stessi ; perché Dante canta non solamente l’ “humanitas” dell’Uomo, ma la “divinitas” dell’ Uomo : perché l’Uomo è un “piccolo Dio in miniatura”, che si traduce in soprannaturale attraverso la purificazione e il coinvolgimento-fusione con il Dio-Grande, Potenza che ha creato l’Universo, il Dio-Grande con cui l’Uomo realizza il definitivo proprio ricongiungimento.
Dante incita a convincersi che vi è spazio per il cambiamento dell’Uomo, un cambiamento che passa proprio attraverso il rispetto e la pratica di quei VALORI UNIVERSALI propri di ogni tempo e di ogni luogo, senza i quali l’Uomo diventa un guscio vuoto, nemico di se stesso, Uomo nemico dell’Uomo. La Commedia è un gigantesco “affresco della Vita Umana”. Non è necessario essere cattolici o cristiani per poter afferrare il senso vero e profondamente autentico della Commedia : perché in essa si trova una gamma così ampia di immagini, di suggestioni, di riflessioni che riescono a renderla oggetto di meditazione anche da parte di non-credenti, o di credenti di altre religioni.
In conclusione : la Commedia, è, sì, una “finzione artistica”; ma è una finzione artistica attraverso la quale Dante si sente protagonista di costruzione interiore per sé, e vuole nel contempo mostrare e dimostrare la VERITA’ della sua “visione” E attraverso la “finzione artistica” intende comunicare al lettore , una Verità efficace. Perciò il Viaggio di Dante non è un mero viaggio letterario di un poeta, di uno scrittore, di un letterato; ma è il viaggio letterario di ogni singolo uomo, a compiere da parte di ciascun uomo un cammino di “Crescita di Conoscenza. Ed è con questa interpretazione e significato che, personalmente, trovo un secondo motivo di “perenne” attualità, e che indico come corollario finale. Dante vuole la Civiltà, vuole la Cultura ; ma per lui Civiltà e Cultura non sono sinonimi di …“costumanze” da accettare sol perché “usanze, tradizioni” di un popolo, di una società, di una etnìa. Le costumanze, in tanto sono Civiltà e in tanto sono Cultura Vera, in quanto siano coniugate, sposate, fuse con i VALORI dell’ ETICA e della costruzione morale nel suo più alto senso , portata e significato, della società di cui sono espressione, di una Etica Universale, che è poi quella dei Valori medesimi che egli percorre con la Commedia (e anche con altra sua produzione letteraria).
DIVERSAMENTE, si sarà in presenza SOLTANTO di una MERA COSTUMANZA, bella o brutta, piacevole o negativa, ma che non potrà essere considerata espressione di Civiltà e di Cultura, ma solo espressione di usanze o di “mode”, che non hanno parentela con la CIVILTA’ in quanto tale, ma sono solo espressione di un uso improprio, o limitato , della “CAPACITA’” dell’Uomo.
L’Archivio Appiani d’Aragona di Piombino – Presentazione di Patrizia Anselmi in formato Prezi.
Nel 2007 il prof. Giorgio Borromeo donò all’Archivio di Stato il fondo denominato Appiani d’Aragona di Piombino ereditato dallo zio Agostino Cigala Fulgosi che comprendeva oltre alle carte Appiani anche documenti di pertinenza della famiglia Cigala Fulgosi.
Per questo sarebbe più corretto considerare questa donazione come “Terzo versamento Cigala Fulgosi” dopo i due precedenti avvenuti nel 1989.
All’interno del complesso archivistico sono stati rinvenuti alcuni frammenti della Commedia – precisamente 2 fogli membranacei con i versi 28-45 e 109-117 del Canto XXX del Paradiso commentati da Francesco da Buti.
Questo ritrovamento permetterà di riaprire gli studi sul commento butiano di cui altri frammenti sono presenti alla Biblioteca Comunale Passerini Landi di Piacenza e al Wellesley College of Massachusetts.
Per una fruizione ottimale della presentazione si consiglia di impostare a visualizzazione automatica temporizzata a 10 sec. o superiore.
Ultimo aggiornamento
1 Giugno 2024, 18:10